Equilibrio acido-base e sistema immunitario
Secondo i numeri sul coronavirus che vengono comunicati ogni sera, timidi segnali di miglioramento pare stiano facendo capolino qua e là. I dati dei contagiati, quelli dei deceduti o dei guariti, così come quelli del ricorso alle terapie intensive suggeriscono che forse si sta andando nella direzione auspicata.
A questo punto si è cominciato a parlare della cosiddetta “fase 2” e della regole connesse. Come, con quali cautele, con quali presidi di salvaguardia far uscire dalle case gli italiani e far ripartire così l’economia?
In questi giorni tutti, o quanto meno coloro che hanno la fortuna di non essere in lotta per la sopravvivenza immediata, propria, della propria famiglia o di un paziente, se lo stanno chiedendo. Senza trovare, peraltro, grosse risposte, almeno per il momento.
Una pseudo risposta tentata dalle autorità è l’editto dei giorni scorsi che impone a chiunque esca di casa per qualsiasi motivo di coprirsi bocca e naso con una mascherina o, alla peggio, con una sciarpa o un foulard (sic!).
Nessun esponente della comunità scientifica ufficiale, però, ha sino ad oggi suggerito comportamenti legati allo stile di vita da tenere per ridurre il rischio di contagio, in modo da fare opera di prevenzione presso la popolazione asintomatica o che non è mai entrata a contatto con il virus.
Lavarsi le mani, evitare di portare le mani sporche al volto, mantenere il distanziamento sociale, pare siano le uniche regole alle quali conviene attenersi, alle quali oggi si aggiunge (senza che neppure l’intera comunità scientifica sia concorde su questo) l’obbligo di indossare la mascherina.
Credo che non sia sufficiente. Per questo, umilmente, facendo ricorso a quanto studiato e sperimentato in questi due decenni, provo a portare ancora una volta il mio contributo, suggerendo al contempo quello di altri esponenti della medicina complementare che ritengo affidabili.
Mi sono interrogata a lungo sull’opportunità o meno di farlo, perché “so di non sapere”, di non sapere mai a sufficienza. Ma questa non è forse la condizione di tutti? Così eccomi qui, a parlare ancora una volta di come affrontare al meglio questa prova che ci renderà tutti più forti e resistenti, come sempre è avvenuto durante l’intera evoluzione umana.
Come in precedenza, mi concentrerò ogni volta su uno o pochi aspetti in particolare, aspetti, però, che sono di grande importanza per mantenere in funzione il nostro sistema immunitario in modo adeguato.
Per superare questo difficile momento, infatti, dobbiamo impegnarci in prima persona per stare bene, dobbiamo evitare al nostro organismo di spendere energie per tenere a bada ogni problematica che possa essere evitata, pena il collasso della tenuta del nostro sistema immunitario.
Cominciamo oggi, così, a parlare dell’importanza di mantenere bassa l’acidificazione dell’organismo per migliorare la tenuta del nostro sistema immunitario.
Uno stato di acidificazione eccessiva, infatti, crea infiammazione e l’infiammazione apre la porta alla patologia.
Cosa si intende per acidosi?
L’acidosi è un’alterazione dell’equilibrio acido-base, che viene generata dal metabolismo delle singole cellule e successivamente riverberata nella matrice extracellulare (definita tissutale) e nel sangue (definita metabolica).
Come già evidenziato all’inizio del secolo scorso dalla dottoressa svizzera Catherine Kousmine, l’acidificazione dell’organismo è uno stato pericoloso per il nostro organismo: crea stanchezza, stati infiammatori nei tessuti, sofferenza della mielina del sistema nervoso, aumento dei radicali liberi, andando così ad incidere pesantemente sulla probabilità di sviluppare patologie gravi e meno gravi.
Per questo motivo è importante misurarla periodicamente e agire per mantenerla allo stato ottimale, che corrisponde – in situazioni normali – ad uno stato di sostanziale neutralità, cioè ad un pH di 6,5 – 7. Al di sotto del valore di 7 si è in acidità, al di sopra si tende alla alcalinità.
Come misurarla?
Secondo quanto ben illustrato ad esempio nei materiali messi a disposizione sul sito dell’associazione kousminiana Cibo é Salute, l’acidosi può essere rilevata attraverso il controllo dell’acidità delle urine, misurato con comode cartine tornasole in vendita in farmacia o sul web.
Dopo aver verificato il proprio livello di acidificazione, a questo punto sarà bene fare scelte volte al recupero di un livello corretto di acidità. Come?
Con scelte adeguate relative all’alimentazione, ma anche alle emozioni, al giusto riposo, alla riduzione dello stress e all’attività fisica. Ancora una volta, nulla di nuovo.
Rispetto alle emozioni, va ricordato che rabbia, preoccupazione, paura, incidono anche sull’acidificazione dell’organismo; per questo è ancor più importante oggi trovare strategie e attività che ci permettano di mantenerle in equilibrio, operando scelte precise e responsabili, senza sottovalutare la situazione nella quale ci troviamo a vivere, ma senza lasciarsi trascinare nel gorgo di paura o di rabbia creato da una comunicazione pubblica e privata (v. social media) a dir poco carente e contraddittoria.
Riguardo all’alimentazione, non bisogna evitare a tutti i costi i cibi acidificanti, ma, tenendo presente quali siano, in modo da non consumarli con eccessiva frequenza, occorre riequilibrarli con alimenti che agiscono sul pH in senso contrario.
Faccio subito un esempio: il pesce è – come tutte le proteine animali – un cibo acidificante, ma contiene anche molte sostanze utili al nostro organismo, prime fra tutte gli acidi grassi omega-3. Per questo motivo non va evitato, ma consumato almeno un paio di volte alla settimana insieme ad un piatto abbondante di verdure, che hanno un effetto alcalinizzante sul nostro organismo.
Come sempre, l’invito è quello di non farsi ossessionare, ma di variare il più possibile gli alimenti della nostra dieta settimanale, ricordando di aggiungere ad ogni pasto abbondanti quantità di verdura cruda e cotta e frutta, quest’ultima meglio lontano dai pasti.
Per chi fosse interessato però ad avere il dettaglio degli alimenti a seconda del loro grado di acidificazione, trascrivo in sintesi quanto riportato al link sopra citato:
Alimenti molto acidificanti
pesce, frutti di mare e molluschi, crostacei, tutte le carni (soprattutto i salumi), uova, formaggi stagionati (quello con il livello di acidificazione più alto è il parmigiano), arachidi tostate, noci, banane, pasta, cornflakes
Alimenti moderatamente acidificanti
formaggi freschi spalmabili, ciliegie, tutti i cereali e le farine, il pane integrale di frumento, il riso, i legumi (tranne i fagioli, che sono deacidificanti)
Alimenti sostanzialmente neutri
latte, burro, yogurt
Alimenti deacidificanti
tutta la frutta (tranne ciliegie e banane), soprattutto l’uva (quasi dieci volte più deacidificante della media della frutta), tutte le verdure, soprattutto spinaci, sedano, cavolfiore, carote, zucchini., i fagioli.
Come possiamo leggere nella lista sopra riportata, gli alimenti acidificanti non sono alimenti da demonizzare o escludere dalla propria dieta perché comprendono cibi che hanno molte proprietà utili, un esempio su tutti: le noci. Occorre solo aver cura di inserirli in una dieta che riequilibri questo aspetto acidificante, senza esagerare nel consumo.
Il riferimento scientifico al quale questa sintesi fa riferimento è citato sul sito al medesimo link, dove è possibile anche trovare il dettaglio di ogni singolo ortaggio o altro alimento suddiviso per categoria quanto al cosiddetto potenziale di carico acido-renale.
L’integrazione
Mentre effettuiamo le necessarie misurazioni del pH urinario con le cartine tornasole (misurare quella dell’urina prima di cena può darci, ad esempio, l’indicazione di com’è andata la giornata) e apportiamo, di conseguenza, la necessaria modifica alla nostra alimentazione, può essere utile in prima battuta, se dovessimo risultare troppo acidi, aiutare il nostro organismo assumendo un cucchiaino di bicarbonato di sodio sciolto in un bicchiere d’acqua la sera, prima di andare a dormire. Oppure, meglio ancora, potremmo assumere una compressa di sali minerali carbonati diversi in vendita in farmacia e on line. Ovviamente non per sempre e costantemente: solo finché non avremo ripristinato la corretta acidificazione attraverso uno stile di vita adeguato e alternando periodi di un paio di settimane di assunzione a un paio di settimane di stop, oppure, nell’arco della settimana, 3-4 giorni di assunzione e i restanti di stop. Voglio, infatti, ricordare che se acidi non è bello, neppure troppo alcalini lo è.
Infine, come indicato anche sul sito dell’Istituto di Ricerca Humanitas al seguente link, devono fare attenzione ad assumere bicarbonato di sodio: i pazienti con scompenso cardiaco congestizio, i pazienti con insufficienza renale grave, i soggetti con pressione alta e i pazienti in trattamento con farmaci corticosteroidei o corticotropinici. Cautela anche in caso di gravidanza e allattamento. In questi casi occorre consultare sempre il proprio medico.
Per concludere
Dormire poco e male acidifica l’organismo, così come bere troppo poco. Adoperiamoci perciò per garantire al nostro corpo le giuste ore di riposo, soprattutto in questo periodo in cui i ritmi sono saltati e l’idea di non dover uscire per andare a lavorare il giorno dopo, ad esempio, induce molti a stravolgere il ritmo circadiano del sonno. Ricordiamo sempre, infatti, che le ore di sonno prima di mezzanotte hanno una valenza positiva molto maggiore per il nostro organismo rispetto a quelle successive.
Quanto al bere, restando in casa, magari concentrati in smartworking o in altre attività, rischiamo di dimenticare di bere. Per questo motivo è importante mettere una sveglia, ad esempio sul cellulare, e bere ogni mezz’ora un bicchiere d’acqua naturale a temperatura ambiente, concedendoci ogni tanto anche una buona tisana o magari un tè verde alla menta fresca, il cui olio essenziale è anche un potente antivirale.