Pensieri e intuizioni
Tutto è cominciato con la storia del celebre matematico Henri Poincaré. Poincaré cercava una struttura relativa alle funzioni “automorfe”.
A lungo concentrò il suo pensiero su questo argomento. Invano – la risposta non arrivava. Un giorno, dopo aver bevuto qualche tazza di buon caffè nero, si sdraiò, gli occhi rivolti al soffitto, e, in un lampo, la giusta struttura gli apparì. Ci volle in seguito una mezz’ora affinché il pensiero potesse tradurre in formule matematiche ciò che l’intuizione gli aveva rivelato in un attimo senza tempo.
Abbiamo avuto tutti l’esperienza di un problema che ci appassiona e che non riusciamo a risolvere. L’energia del pensiero “scalda” allora il soggetto… e nel momento in cui siamo magari occupati in tutt’altra cosa, scocca la scintilla dell’intuizione. La soluzione è là, sotto i nostri occhi, di una chiarezza immateriale… Il pensiero non ha che da tradurla nel tempo e rivestirla di cifre, parole, note musicali o atti concreti.
Ci salta agli occhi: l’intuizione è immediata, il pensiero è il suo mediatore nel tempo.
Mi hai anche detto che il pensiero è materia, sebbene materia molto sottile.
Allora l’intuizione sarebbe un raggio di luce immateriale?
L’intuizione appartiene dunque al Mondo creatore, e il pensiero al Mondo creato.
Ma qui c’è un problema. Tu ci hai detto:
Impura è l’azione che non è al suo posto.
Il pensiero confuso è impuro. (213)
Per rendere possibile un’intuizione perfetta serve dunque un pensiero formulato con grande rigore. Il perfetto esempio di questo rigore è il piccolo Mozart. Dalla sua tenera infanzia suo padre gli insegnò la struttura della composizione musicale.
Quando, più tardi, con la sua intuizione sentì la musica celeste, seppe tradurla istantaneamente sui suoi spartiti – e spesso senza cancellature! – sotto forma di sinfonia, di concerto, di messa o di opera.
Hanna era, anche lei, di un’intelligenza rara, molto rigorosa. Quando, con la sua intuizione, sentì le tue parole, le seppe riprodurre istantaneamente e senza esitazione nel nostro linguaggio. All’inizio ci furono a volte delle cancellature, più tardi, nessuna.
Nel nostro linguaggio? Che cosa significa?
Mi sembra che tu non possa esprimerti che tramite il materiale di base che trovi nell’uomo. E questi doni sono diversi per un europeo e per un asiatico che vivono nel quadro della propria tradizione.
Infatti, non sono i termini impiegati che contano, ma il senso NUOVO, la prospettiva NUOVA che tu doni loro.
È questo NUOVO il tuo biglietto da visita, la prova del tuo passaggio.
Sì, ne è il segno autentico!
L’intuizione trovava in Hanna gli elementi di una cultura generale europea. Hai dunque potuto esprimerti attraverso i simboli della tradizione giudeo-cristiana. Ma non devono essere presi nel loro senso abituale.
No, li sento piuttosto come un trampolino verso un mondo al di là di ogni tradizione.
(…)
Gitta Mallasz
Piccoli dialoghi di ieri e di oggi
Edizioni Mediterranee