Depressione e tristezza: come curarle a tavola
È giunto finalmente l’autunno: l’ora solare è tornata e le ore di luce hanno iniziato gradualmente a ridursi, la pioggia ha fatto la sua comparsa e il nostro umore, in linea con l’energia della stagione, ha cominciato a deflettere, spesso in concomitanza con la presenza di astenia, mancanza di energia, un senso di affaticamento cronico, più forte solitamente al mattino al risveglio.
Oltre alla stagione, molti altri possono essere i motivi di un basso tono dell’umore: per tutti esistono, infatti, periodi in cui si va incontro a uno stato di scoraggiamento. Nella società moderna questi momenti possono diventare più frequenti per molte ragioni: per senso di inadeguatezza rispetto ai modelli imperanti, per insoddisfazione rispetto alla crescita smodata dei bisogni personali, per l’impossibilità di seguire il proprio “progetto di vita”, oppure per l’obbligo che sentiamo di soddisfare modelli sociali imposti.
Qualunque sia la causa o la manifestazione esteriore dello stato depresso, molteplici sono le modalità per affrontare il problema e uno degli strumenti che abbiamo – e al quale normalmente non si pensa – è proprio l’alimentazione.
Anche l’alimentazione riveste infatti un ruolo di grande importanza nella lotta alla depressione.
Per cominciare bene la giornata la colazione deve diventare il pasto principale. L’organismo, infatti, arriva da lunghe ore di digiuno notturno e ha bisogno delle energie indispensabili per affrontare tutti gli impegni e i problemi del nuovo giorno che inizia.
La colazione deve quindi prevedere sia carboidrati che proteine per limitare le fluttuazioni glicemiche. L’abbinamento costante di carboidrati e proteine è infatti una delle variabili sulle quali è più semplice agire e che regola le oscillazioni umorali con sorprendente efficacia.
Un altro consiglio è quello di non esagerare con i carboidrati. Diversi lavori hanno ipotizzato in passato una relazione tra eccesso di carboidrati nella dieta e alterazioni dell’umore.
Grazie, ad esempio, a uno studio condotto in Finlandia e apparso sul British Medical Journal, i meccanismi fisiologici che sostengono questa relazione sono divenuti molto più chiari.
Lo studio di Timonen pubblicato sul BMJ (Jan 1, 2005; 330:17-18) stabilisce, infatti, una correlazione tra depressione e resistenza all’insulina. Il lavoro (Insulin resistance and depression: a cross sectional study) è stato svolto nella città finlandese di Oulu, monitorando con un test molto preciso la situazione depressiva e la resistenza insulinica all’interno di un ampio gruppo omogeneo di coetanei della stessa città.
Non solo la correlazione è risultata essere statisticamente significativa, ma la gravità dei sintomi depressivi aumentava con la resistenza all’insulina.
La resistenza insulinica (o insulino-resistenza) è una particolare caratteristica del metabolismo degli zuccheri che indica come, per ottenere gli stessi effetti metabolici, occorra una maggiore quantità di insulina. Questo ormone prodotto dal pancreas è indispensabile per fare entrare lo zucchero nelle cellule e farle funzionare.
Quando nel sangue è presente più zucchero di quanto serva (come avviene appunto dopo aver mangiato carboidrati e dolci) l’insulina viene immessa in circolo in gran quantità. Il suo compito, infatti, è quello di prendere lo zucchero circolante e trasformarlo in grasso facendolo entrare rapidamente nelle cellule grasse e negli strati adiposi. Quando non lo fa, il livello degli zuccheri nel sangue rimane più alto della norma (iperglicemia).
I forti consumatori di carboidrati tendono però a sviluppare una resistenza insulinica e a questo punto, il quantitativo di insulina necessario a ridurre lo zucchero in circolo sarà maggiore.
Un altro elemento fondamentale per la prevenzione e il trattamento della depressione consiste nella riduzione o nell’eliminazione del cosiddetto cibo-spazzatura, così come nel rivolgersi ad un’alimentazione di elevata qualità dal punto di vista dietetico-nutrizionale.
La cosa trova riscontro in diversi studi, ad esempio lo studio australiano SMILES (Supporting the Modification of lifestyle in Lowered Emotional States), pubblicato nel gennaio 2017 su BMC Medicine (Jacka et al. BMC Medicine (2017) 15:23 DOI 10.1186/s12916-017-0791-y), studio che ha avuto il merito di aver investigato esplicitamente il legame tra dieta e umore con metodo scientifico. Per scaricare l’articolo completo (in inglese), apri qui: Cibo e depressione.
Lo studio ha arruolato persone affette da depressione da moderata a grave, che seguivano una dieta povera di nutrienti e le ha suddivise in maniera randomizzata in due gruppi.
Un gruppo ha ricevuto una consulenza nutrizionale personalizzata su come seguire una dieta mediterranea modificata. I partecipanti sono stati, cioè, incoraggiati a consumare cereali integrali, verdure, frutta, legumi, latticini a basso contenuto di grassi e non zuccherati, noci, pesce, carni magre e olio d’oliva; a ridurre i cereali raffinati, i dolci, i cibi fritti o veloci, le carni lavorate e le bevande zuccherate e consumare alcol in modo moderato.
Un secondo gruppo, denominato di “supporto sociale” (gruppo di controllo), nello stesso arco temporale ha discusso argomenti neutri come sport e musica con un “amico esperto” o si è impegnato in giochi da tavolo e altre attività.
Dopo 12 settimane, il gruppo al quale è stata modificata la dieta ha avuto una maggiore riduzione dei sintomi di depressione e ansia rispetto al gruppo di supporto sociale. Inoltre, un maggior numero di partecipanti al gruppo-dieta, rispetto al gruppo di sostegno sociale (32% contro 8%) ha assistito ad una remissione della depressione.
Secondo i ricercatori dello studio SMILES, risultati incoraggianti come questi – che emergono dal nuovo campo della psichiatria nutrizionale – forniscono prove preliminari del fatto la dieta può influenzare la depressione andando ad agire su percorsi infiammatori e stress ossidativi, plasticità cerebrale e forse il microbioma intestinale. Nonostante i risultati dello studio siano promettenti, non è noto ad oggi se gli effetti della dieta persistano nel tempo. In ogni caso, la ricerca suggerisce la possibilità di affiancare, all’interno dei team di assistenza per la salute mentale, a psichiatri e psicologi anche esperti in alimentazione in grado di offrire un idoneo supporto dietetico a chi soffre di depressione.
Occorre infine sottolineare che la dieta non rappresenta un sostituto automatico dei farmaci antidepressivi, che non vanno mai eliminati o ridotti in autonomia, ma sempre dopo adeguato confronto con il proprio medico curante.
Sul fronte nutrienti che devono essere presenti in una dieta sana, uno studio condotto all’Università di York, in Gran Bretagna, e pubblicato sul numero di luglio 2007 del Journal of Epidemiology and Community Health, ha confermato un’ipotesi che era già stata avanzata in passato: esiste un forte legame tra livelli di acido folico presenti nell’organismo e tendenza alla depressione (S Gildbody et al, J Epidemiol Comm Health 2007 July, 61(7):631-637).
La correlazione inversa è molto significativa: quanto più basso il livello di acido folico, tanto più alto il rischio di ammalarsi di depressione (fino al 55% in più). Non solo: l’associazione si rivela valida anche capovolgendo i termini, cioè misurando i livelli di acido folico presenti nell’organismo dei depressi e dei non-depressi. Quelli dei primi sono significativamente più bassi di quelli dei secondi.
Per prevenire la depressione, perciò, l’invito è quello di andare alla ricerca di fonti alimentari di acido folico (rappresentate per lo più dai vegetali a foglia verde, ma anche da: broccoli, cavoli, cavoletti di Bruxelles, spinaci, indivia, patate, lenticchie, ceci, fagioli, piselli, soia, orzo, riso, frumento integrali, agrumi e kiwi, lievito di birra e germe di grano) e di inserirle regolarmente nella nostra dieta.
Anche una carenza di omega-3 è stata correlata alla depressione forse per via del loro ruolo nella composizione delle membrane delle cellule nervose. La carenza di queste sostanze e l’eccessiva assunzione di grassi saturi porta alla formazione di membrane cellulari molto più rigide del normale. Dal momento che una corretta funzione cellulare dipende dalla fluidità di membrana, questo tipo di alterazione a livello celebrale può indurre alterazioni del comportamento, del tono dell’umore e della capacità mentale.
Alcuni studi hanno inoltre dimostrato che le caratteristiche biofisiche delle cellule celebrali, tra cui la fluidità della membrana, influenzano direttamente la sintesi e il legame dei neurotrasmettitori, l’assorbimento della serotonina come quello di altri neurotrasmettitori e la trasmissione dei segnali. Questo è il motivo per cui si consiglia un’integrazione alimentare di acidi grassi insaturi tramite l’assunzione di un cucchiaio al giorno di olio di semi di lino e uno di olio di germe di grano, di girasole e sesamo, a rotazione.
Altri nutrienti, oltre ad acido folico e omega-3, che devono essere quotidianamente presenti nella nostra dieta per combattere la depressione sono: zinco, selenio, vitamina B12 (bassi livelli di B12 sono stati rilevati nelle persone depresse. La Vitamina B12 si trova solo nei prodotti animali: ne sono ricche, ad esempio, le vongole), vitamina. B6 (necessaria per la sintesi della serotonina. Si trova in abbondanza nell’avocado, nei cereali integrali – specie il miglio, grano saraceno e avena-, nelle noci, nel lievito di birra, nelle verdure a foglia verde e in gamberetti, aragoste, cozze), vitamina D (di qui l’importanza di esporsi al sole, ma non solo – si veda per approfondire l’articolo di qualche anno fa dedicato alla vitamina D), magnesio (necessario per la sintesi della dopamina. Si trova in abbondanza nei semi di girasole, sesamo e zucca, foglie verdi, germe di grano, fagioli di soia, sgombri, merluzzo), ferro, cromo, fibre, antiossidanti quali caroteni, licopene, antocianine, quercitina, sulforafano e il triptofano, precursore della serotonina, presente nei cibi proteici, che per poter essere correttamente assorbito necessita però di carboidrati. Ricchi di triptofano sono il tofu, i semi di lino e di zucca, i semi di sesamo e le mandorle, le noci e i fagioli dell’occhio, i cereali integrali, le creme di frutti oleaginosi, i datteri e i fichi secchi, le banane e, tra i prodotti animali, il tacchino.
Da quanto sin qui riportato possiamo renderci conto di quanto si stia muovendo in altre parti del mondo per investigare seriamente il rapporto cibo-depressione. Per chi desiderasse approfondire ulteriormente l’argomento suggerisco di leggere i seguenti articoli scientifici (in inglese):
- Laura LaChance, MD & Drew Ramsey, MD: “Food, Mood, and Brain Health: Implications for the Modern Clinician” (per scaricare l’articolo: Articolo Ramsey-LaChance). Questo articolo presenta i risultati di una meta analisi volta ad individuare i nutrienti che, secondo la letteratura scientifica presa in esame, si sono dimostrati utili nella prevenzione e nel recupero dai disturbi depressivi. L’elenco stilato evidenzia 12 nutrienti antidepressivi: acido folico, ferro, acidi grassi a catena lunga omega-3 (EPA e DHA), magnesio, potassio, selenio, tiamina, vitamina A, vitamina B6, vitamina B12, vitamina C e zinco e individua una serie di cibi a più alta presenza di questi nutrienti che sarebbe bene inserire regolarmente nella dieta per prevenire e trattare la depressione secondo un punteggio attribuito ai diversi alimenti. Per leggere l’articolo completo:
- Natalie Parletta, Dorota Zarnowiecki, et al. (2017): “A Mediterranean-style dietary intervention supplemented with fish oil improves diet quality and mental health in people with depression: A randomized controlled trial (HELFIMED)”, Nutritional Neuroscience https://doi.org/10.1080/1028415X.2017.1411320. Nell’articolo viene presentata una ricerca che aveva lo scopo di verificare se una dieta mediterranea supplementata con olio di pesce potesse essere utile alla salute mentale di chi soffre di depressione.
Segnalo anche il sito del dott. Drew Ramsey (https://drewramseymd.com/), psichiatra, ricercatore e autore di diverse pubblicazioni sull’argomento, che presenta anche un interessante blog (https://drewramseymd.com/blog/) e quello della professoressa Felice Jacka (http://foodandmoodcentre.com.au/) che ha aperto la strada a un programma di ricerca innovativo che esamina come la dieta e altri comportamenti legati allo stile di vita interagiscano con il rischio di sviluppare problemi di salute mentale.
Per restare invece in Italia, segnalo il libro di Attilio e Luca Speciani “Prevenire e curare la depressione con il cibo”.
In conclusione e in estrema sintesi, che tipo di alimentazione dovremmo scegliere quotidianamente per ridurre il rischio di una flessione del tono dell’umore o per aiutarci a prevenire o a trattare la depressione?
Le soluzioni suggerite sono molto semplici: evitare gli zuccheri semplici e i dolcificanti a favore di alimenti interi come frutta con la buccia e cereali integrali, abbinare in tutti i pasti carboidrati e proteine per abbassare il carico glicemico del pasto e migliorare la sensibilità insulinica, consumare in abbondanza e in modo vario verdura di tutti i colori, pesci grassi, semi oleosi, legumi, fare una prima colazione abbondante, fare attività fisica con regolarità, possibilmente all’aria aperta.
Nei prossimi giorni pubblicherò alcune ricette di facile e rapida esecuzione che tengano conto di queste indicazioni.