Vivere fino a 120 anni, perché dovremmo e a quali condizioni?

13 Lug, 2013 da

Questa bambina vivrà fino a 120 anni”, così titola la copertina del numero di Maggio di National Geographic. E un asterisco specifica: “non è uno scherzo. Nuove scoperte potrebbero regalarci vite molto lunghe.”

All’interno, un interessante articolo illustra gli studi di diverse équipe di ricercatori italiani e stranieri sugli indizi genetici di longevità. “Esaminando, infatti, gruppi di popolazione geneticamente isolati, per motivi culturali o geografici, gli scienziati hanno rilevato mutazioni genetiche che sembrano avere un ruolo nella prevenzione delle malattie che riducono l’aspettativa di vita. Le mutazioni individuate non sono però un’esclusiva di questi gruppi e non si riscontrano in tutti i loro membri.

L’articolo conclude, come immaginabile, dicendo che rispetto alla longevità i fattori genetici non rivestono un ruolo esclusivo, molti altri sono quelli che entrano in gioco: primi fra tutti quelli relativi all’ambiente e allo stile di vita e, perché, no, anche alla fortuna, quella che gli antichi chiamavano “fato”.

Viene allora da chiedersi se non sia il caso invece, o insieme, di riflettere non solo sulla quantità (quanti anni durerà), ma sulla qualità della nostra vita.

Leggendo l’articolo, le prime domande che si sono presentate alla mia mente sono state: Perché vivere fino a 120 anni? Cosa rende una vita degna di essere vissuta? Per cosa vale la pena di restare vivi? E infine: come restare in salute vivendo pienamente fino ai potenziali 120 anni?

Interrogativi ai quali logicamente ognuno dovrà trovare la propria risposta personale e che necessiteranno tutta una vita (e forse non basta), reputando già il fatto stesso di poterseli porre una grande fortuna.

Pensatori e illuminati di tutte le tradizioni hanno provato a dare una risposta, o quanto meno un loro contributo; uno di essi, il dott. Edward Bach (il medico gallese che ci ha regalato quei meravigliosi 38 rimedi conosciuti sotto il nome di Fiori di Bach) diceva che “La salute è il nostro patrimonio, un nostro diritto. E’ la completa e armoniosa unione di anima, mente e corpo. Non è un ideale lontano e difficile da raggiungere, ma qualcosa di così semplice e naturale da essere facilmente trascurato.”

Se non si è in armonia con la propria anima secondo il dott. Bach, quindi, si perde la salute, e la malattia è sostanzialmente il risultato di un conflitto tra il sé spirituale e il sé corporeo. La felicità e la salute risultano dall’essere in armonia con la propria natura, compiendo il lavoro con il quale ogni individuo ha maggior affinità.

In una parola, occorre impegnarsi a sviluppare e ad esercitarsi nella sovrana arte, che diventa alla fine una necessità, della Consapevolezza: consapevolezza dei propri automatismi, consapevolezza di essere parte di un tutto e di essere tutti collegati. Come i Nativi Americani hanno sempre detto “Mitakuye Oyasin” (“Siamo tutti fratelli” – tutti, tutti: gli uomini, gli animali, le piante, l’acqua, le rocce, il cielo e la terra).

Questo pensiero è stato ripreso in tempi più recenti e attualizzato da Gregg Braden (scienziato ed ex consulente della Nasa), che in una memorabile conferenza tenuta a Milano nel 2007 ha detto:  “Riconoscete ciò che è visibile, e ciò che vi è nascosto vi diverrà chiaro”, ricordando il Vangelo perduto di Tommaso. Non c’è niente di nuovo da scoprire, perché le informazioni di cui abbiamo bisogno sono davanti ai nostri occhi, il difficile è vederle.

E in tutto questo, secondo Gregg Braden, il ruolo principale lo gioca la “Matrice Divina”, quella rete di energie che tutto permea e che tutto connette, costituita da un intreccio di filamenti molto simili a quelli presenti nel nostro cervello.

Nulla di nuovo quindi: in effetti, queste conoscenze si ritrovano un po’ in tutte le filosofie e religioni antiche, compresa la nostra, o in quelle orientali che sostengono la forza del pensiero, del “pensiero che crea la realtà”.

Cosa possiamo fare a questo punto concretamente ogni giorno nelle nostre impegnatissime vite? Quali piccoli passi di consapevolezza possiamo cominciare timidamente a muovere per iniziare questa evoluzione?

Due semplici idee per tutti: ogni sera, concedendoci un momento di silenzio e isolamento, anche solo per cinque minuti, stiliamo un breve elenco, carta e penna alla mano, di cinque motivi per i quali siamo fortunati.

Ogni giorno scegliamo una piccola cosa per la quale essere felici. Anche solo osservare, ad esempio, mentre siamo in coda sulla tangenziale due papaveri che, ai bordi della carreggiata, coraggiosamente svettano tra le erbacce e i gas di scarico ci può suggerire più di un motivo di riflessione: la loro forza vitale, pur nelle condizioni avverse nelle quali si trovano a vivere; la fortuna di avere una vista funzionante che ci permette di goderne il colore; il loro essere semplicemente tali, senza desiderio di essere altro (avete mai sentito di un papavero che pretende di essere un ciclamino?).

E osservare, osservare cosa cambia in noi, cosa questi momenti, apparentemente banali, provocano nella nostra giornata. Ci verrà voglia così – chissà – di fare un altro piccolo passo e poi un altro ancora … Ognuno, a questo punto, essendosi aperto alla possibilità, incontrerà quella che è la porta da aprire per avviare o continuare ad un altro livello questo cammino.

D’altro canto, come diceva il poeta spagnolo Antonio Machado, “Al andar se hace el camino” (“Camminando si fa il cammino”).

In questo modo, per tornare al nostro punto di partenza, più che investire energie nello sforzo di prolungare la vita tout court, varrebbe la pena di migliorarne la qualità, ricercando relazioni più autentiche, con solitudini “scelte” e non subite, con un lavoro che rappresenti il nostro progetto di vita e valorizzi i nostri talenti, con momenti di silenzio e di raccordo con la Natura e con tutto quello con cui siamo in connessione, ce ne rendiamo conto o meno, con piccoli gesti quotidiani di consapevolezza.

Non è impossibile ed è un dovere verso noi stessi, perché siamo vivi e tali dobbiamo impegnarci ogni giorno autenticamente ad essere.

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