Harper Lee – La mia verità sull’amore
A pochi giorni dalla morte dell’autrice de “Il buio oltre alla siepe” e del recentissimo “Va’, metti una sentinella”, mi è capitato di leggere sulla pagina culturale di Repubblica la traduzione di un articolo sull’amore scritto per la rivista Vogue dalla stessa Harper Lee nel 1961. Dato che mi è piaciuto, voglio riportarlo qui per intero quale occasione di riflessione per tutti.
Molti anni fa avendo appreso che il dovere di dare un erede al trono d’Inghilterra ricadeva all’improvviso su di lui e sui suoi fratelli, un membro molto attempato del casato di Hannover confidò al suo amico Thomas Creevey la sua inquietudine: “…Sono ventisette anni che madame St. Laurent e io viviamo insieme, abbiamo la stessa età, ne abbiamo viste tante e insieme abbiamo superato ogni tipo di difficoltà. Puoi bene immaginare la pena che mi darà separarmi da lei… Giuro che non so cosa ne sarà di lei se sarò costretto a contrarre matrimonio…”
Divertito dalla difficile situazione nella quale si era venuto a trovare il duca di Kent, Creevey appuntò questo episodio nel suo diario permettendoci di venire a conoscenza di una dichiarazione intramontabile.
L’uomo che la fece non era oltremodo dotato di intelligenza, né aveva condotto una vita meritevole di essere ricordata, eppure noi rammentiamo quel lamento che gli sgorgò dal cuore e tendiamo a dimenticare l’estremo servizio che rese all’umanità: divenne il padre della regina Vittoria.
Che cosa ci disse il duca di Kent? Che due persone avevano condiviso la vita per loro libera scelta per quasi trent’anni, di per sé un risultato straordinario; che erano sopravvissuti agli imprevisti e alle afflizioni di una relazione; che avevano fatto fronte comune davanti alle tensioni e agli insuccessi della vita e che egli era lacerato alla prospettiva di doverla lasciare.
Con un’unica frase che esprime profonda gratitudine il duca di Kent disse tutto quello che c’è da dire sull’amore di un uomo per una donna.
E così facendo ci dice molte cose anche sull’amore. Esiste un unico genere d’amore: l’amore. Ma le manifestazioni dell’amore sono innumerevoli. Una madre balzerà giù dal letto sentendo un rumore insolito in piena notte e vi farà ritorno soltanto quando avrà accertato che ogni angolo della sua casa è sicuro e al riparo da ogni preoccupazione.
Un uomo distoglierà lo sguardo dalla sua partita di golf per seguire l’aereo che fende il cielo lasciandovi una vistosa scia. Una massaia darà un breve colpo di telefono alla vicina per chiederle se ha bisogno di qualcosa, prima di recarsi in automobile in città.
Queste sono tutte manifestazioni di un potere che abbiamo dentro di noi e che per forza di cose deve essere divino, perché non è un’invenzione umana.
Che cos’è l’amore? Molte cose sono amore, e in verità l’amore è presente nella misericordia, nella compassione, nel rapporto amoroso, nell’affetto. A fare della frase del duca di Kent una dichiarazione d’amore, a farci compiere senza ripensamenti piccoli gesti d’amore ogni giorno della nostra vita è un fattore che spicca per la sua assenza. Se fosse presente, infatti, il duca di Kent avrebbe lasciato la sua amata senza tormentarsi; la cappa del silenzio infranta sulla sua testa non avrebbe fatto alzare dal letto la madre; mandare la pallina in buca sarebbe stato l’obiettivo principale del golfista e la massaia andrebbe spedita a fare acquisti senza darsi pensiero della sua vicina. Una cosa caratterizza l’amore e lo differenzia dalle emozioni ad esso imparentate: l’amore non ammette l’io.
Pochi di noi arrivano a provare compassione; per alcuni di noi “relazione amorosa” è poco più che un’espressione; in molti di noi la capacità di provare affetto è spenta da tempo; ma tutti noi, una volta o l’altra, per un istante solo o per tutta la nostra vita, abbiamo preso le distanze da noi stessi: abbiamo amato qualcosa o qualcuno. L’amore, quindi, è un paradosso: per averlo dobbiamo darlo. L’amore non è qualcosa di intransitivo: l’amore è un’azione diretta della mente e del corpo.
Senza amore, la vita è inutile e pericolosa. L’uomo è in viaggio, diretto verso Venere, ma non ha ancora imparato a vivere con sua moglie. L’uomo è riuscito con successo ad allungare la sua aspettativa di vita, eppure con un sol colpo vigoroso stermina sei milioni di fratelli. L’uomo ha ora il potere di distruggere se stesso e il suo pianeta: si può star certi che lo farà, se dovesse mai smettere di amare.
Le barriere più comuni che si frappongono all’amore sono avidità, invidia, orgoglio e altri quattro impulsi naturali in passato considerati peccati. Ma ve ne è anche un altro, ugualmente pericoloso: l’uggia.
L’intelletto che prova scarso entusiasmo per la vita è moribondo; l’intelletto che non riesce a trovare nel mondo qualcosa che lo affascini è spento; e il corpo che lo ospita potrebbe essere morto anch’esso perché che scopo avrebbero mai i cinque sensi, qualora l’intelletto non trovasse piacere in essi?
Essendosi una buona volta reso conto di dover amare o che si autodistruggerà, l’uomo procede lungo il suo consueto cammino cercando di sviluppare una scienza per esso. Scopo ultimo della psicoanalisi è affrancare l’uomo dalle sue nevrosi e permettergli così di amare. La capacità dell’uomo di amare si misura in rapporto al grado di libertà che gli raggiunge rispetto agli impulsi che lo spingono a chiudersi in se stesso. […]
L’amore trasforma. Perché mai quando non la troviamo nella Bibbia o in Shakespeare, il più delle volte la normalità che cerchiamo salta fuori dalle pagine del Don Chisciotte? Perché Cervantes, provando un amore assoluto per la vita, ne rese immortali le sfumature. Perché, pur essendoci familiare ogni nota e ogni verso, siamo costretti a fermarci e a prestare attenzione quando ascoltiamo il Messia di Händel? Perché ogni sua nota è nata dall’amore dell’uomo per Dio e noi lo percepiamo.
Provate a fare questo esperimento: prendete (se potete) qualcuno che odi la musica barocca e fategli ascoltare un pezzo qualsiasi del Semele. Voi sedetevi e osservate in che modo la sua attenzione educata si trasformi in attenzione coinvolta e considerate come il vostro prigioniero diventi prigioniero di Händel. La taccagneria non ha mai scritto un buon romanzo. L’odio non ha dipinto La nascita di Venere. L’invidia non ci ha rivelato che l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti. Ogni creazione dell’intelletto umano che ha resistito al trascorrere del tempo è nata dall’amore, l’amore per qualcosa o per qualcuno. Ed è addirittura possibile amare la matematica.
La storia del genere umano abbonda di innumerevoli testimonianze sul potere dell’amore, ma nessuna si avvicina alla trasformazione subita da San Paolo, peraltro scontroso, quando scrive egli stesso sull’argomento: amando, egli ha scritto dell’amore e ci ha regalato qualcosa di prodigioso. Ascoltate: “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l’amore, sarei come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e possedessi la pienezza della fede, così da spostare le montagne, ma non avessi l’amore, non sarei nulla”. Dopo San Paolo abbiamo fatto del nostro meglio, ma con il nostro meglio non siamo arrivati neppure sfiorarlo.
L’amore purifica. La sofferenza non ha mai purificato nessuno. La sofferenza acuisce soltanto gli istinti egoistici dentro di noi. Qualsiasi gesto d’amore, tuttavia, non importa quanto piccolo, allevia la morsa dell’ansia, ci dà un assaggio del domani, e allenta il giogo delle nostre paure. L’amore, a differenza della virtù, non è una ricompensa in sé: la ricompensa dell’amore è la serenità e la serenità è la fine della frenesia umana.
Harper Lee 1961
Love-in Other Words è stato pubblicato per la prima volta sul numero di Vogue del 15 aprile 1961
Traduzione di Anna Bissanti