Carenza cronica di vitamina D: una pandemia misconosciuta

3 Nov, 2015 da

vit. D soleL’insufficienza di vitamina D sta oggi diventando un problema molto diffuso in tutto il mondo e in modo particolare in Italia che vanta, purtroppo, il primato europeo di carenza tra la sua popolazione.

La ragione di questa generalizzata carenza è principalmente da ascriversi al mutamento di abitudini e di vita che ha riguardato la popolazione di tutto il mondo, in modo particolare quella dei cosiddetti paesi sviluppati.

I nostri progenitori passavano infatti la maggior parte del loro tempo all’aperto, molto poco vestiti, con la pelle dell’intero corpo, quindi, esposta costantemente al sole. In questo modo, il loro organismo riusciva a produrre tutta la vitamina di cui aveva bisogno trasformando la provitamina D prodotta dalle cellule della pelle in vitamina D biodisponibile.

Per questo motivo, tutti noi che trascorriamo la maggior parte della vita coperti e al chiuso, non siamo più in grado di sintetizzare la vitamina D che ci serve. In più, molto spesso non ne assumiamo neppure con l’alimentazione visto che, formaggi a parte (il cui consumo andrebbe comunque limitato per svariati motivi), la maggior parte di noi non è solita consumare abitualmente pesce azzurro, pesce grasso o uova.

Gli anziani, inoltre, ne costruiscono meno dei giovani e lo stesso chi ha la pelle scura.

Occorre poi tener presente che le fonti alimentari di vitamina D sono poche e per lo più di origine animale: alcuni tipi di pesce, (come le aringhe, lo sgombro e le sardine); l’olio di fegato di merluzzo, il burro, i formaggi grassi e il tuorlo d’uovo. Nei vegetali è rara e si trova, sia pur in piccole quantità, in quelli a foglia scura, in alcuni funghi e nel germe di grano. Per questo motivo, chi è vegetariano o, ancor più, vegano, dovrebbe utilizzare integratori di vitamina D e misurarne il livello almeno una volta l’anno per verificare di non essere in carenza.

Un altro elemento che influisce sulla produzione di vitamina D è legato alla funzionalità del fegato nel quale la pro-vitamina D ottenuta dall’esposizione al sole o dagli alimenti, che è biologicamente inerte, deve venir convertita in forma attiva per potere essere utilizzata dall’organismo. Se il fegato funziona male, non si riesce a produrre in modo efficiente la vitamina D necessaria.

Anche un malassorbimento a livello intestinale, come quello che si ha in caso di celiachia o in caso di morbo di Crohn o di coliti ulcerose, riduce la vitamina D, così come una non ottimale funzionalità renale. Nei reni, infatti, avviene la seconda trasformazione in forma attiva della vitamina D iniziata nel fegato.

Da ricordare, inoltre, che la vitamina D è una delle vitamine liposolubili, per questo, in chi è in sovrappeso o ha molto grasso, ad esempio, a livello addominale, il rischio di carenza aumenta. La vitamina D, infatti, viene in questi casi sequestrata dal grasso subcutaneo e viene alterato il suo rilascio nella circolazione.

Nonostante il suo nome, la vitamina D è in realtà un pro-ormone prodotto a livello cutaneo grazie alle radiazioni ultraviolette, in particolare una specifica gamma di esse, che in Italia, ad esempio, si ritrova solo nel periodo che va da aprile a settembre. Per questo, la carenza di vitamina D è sempre maggiore in inverno.

Fino ad una quindicina di anni fa la vitamina D veniva presa in considerazione solo per i suoi effetti sul sistema scheletrico, in particolare in relazione all’osteoporosi, oppure per i suoi effetti sui bambini nei quali una carenza aumentava il rischio di rachitismo.

In realtà questi non sono gli unici rischi ai quali un’insufficienza di vitamina D espone l’individuo, ben altri e molto più ampi sono quelli ad essa associati: malattie scheletriche, infezioni, disordini cognitivi, disordini metabolici, cancro, malattie a carico del sistema cardiovascolare, malattie autoimmuni, dismenorrea, per citarne solo alcuni.

Vediamo brevemente i più importanti rischi legati ad una carenza di vitamina D:

Vitamina D e muscoli

La vitamina D stimola la produzione di proteine muscolari e controlla il trasporto del calcio per l’efficienza  della contrazione muscolare. Per questo va sempre controllata nei quadri di miopatia, di debolezza e dolori muscolari, nonché di riduzione della forza muscolare stessa o, ancora, in chi è frequentemente soggetto a crampi, in chi ha difficoltà ad alzare le braccia o ad alzarsi dalla sedia o è soggetto a sarcopenia con perdita di massa muscolare. Oggi molti di questi sintomi sono diagnosticati come fibromialgia o sindrome da stanchezza cronica, quando sono invece (magari non solo) ascrivibili ad una carenza di vitamina D.

Vitamina D e  sistema scheletrico

Chiunque debba assumere calcio come integratore sa bene che la vitamina D promuove l’assorbimento dello stesso e mantiene un’adeguata concentrazione di calcio e fosforo nel sangue necessari alla normale mineralizzazione dell’osso. Senza vitamina D le ossa diventano sottili e fragili e aumenta, soprattutto nell’anziano o nella donna in menopausa, il rischio di osteoporosi.

Vitamina D e  sistema immunitario

La Vitamina D è un importante regolatore del sistema immunitario. Se durante l’inverno si tende a soffrire di infezioni ricorrenti alle vie respiratorie, la causa potrebbe essere ascrivibile ad una carenza di vitamina D. Studi osservazionali hanno evidenziato una correlazione tra bassi livelli di vitamina D e un maggior rischio di infezioni del tratto respiratorio. In fase di investigazione è, infine, anche il ruolo della vitamina D nel ridurre il rischio di infezioni derivanti da ospedalizzazione quali polmoniti, infezioni alle vie urinarie e così via.

Vitamina D e  malattie autoimmuni

Vi sono sempre più evidenze sul ruolo della vitamina D nella prevenzione e nel trattamento di malattie autoimmuni, quali la sclerosi multipla, la colite ulcerosa, il morbo di Crohn o altre malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD).

Malattie autoimmuni come la sclerosi multipla sono state forse per questo motivo riscontrate con maggior prevalenza alle alte latitudini presso le quali la mancanza di esposizione alla luce solare sembra essere un fattore predittivo di sviluppo della patologia.

Il fabbisogno di vitamina D in pazienti affetti da sclerosi multipla o altre malattie autoimmuni risulta essere maggiore di quello degli individui che non soffrono di tale patologia. Per maggiori informazioni si rimanda al sito dell’Associazione Cibo è Salute.

Vitamina D e  depressione

Come noto già duemila anni fa, la carenza di vitamina D non incide solo sulla saluta fisica, ma  può anche impattare sulla salute mentale, come testimoniato anche dai disturbi stagionali dell’umore legati alla mancanza di sole. Diversi studi hanno verificato che pazienti depressi presentano comunemente bassi livelli di vitamina D. La vitamina D, infatti, e’ tra le altre cose connessa alla sintesi di serotonina e dopamina nel cervello – sostanze notoriamente correlate alla depressione – così come alla regolazione della produzione di adrenalina e noradrenalina.

Vitamina D e  Alzheimer

I risultati di una ricerca americana pubblicata nel 2014 dall’Accademia Americana di Neurologia, confermano nelle conclusioni che una deficienza di vitamina D è associata ad un maggior rischio di demenza e di Alzheimer. La ricerca ha coinvolto milleseicentocinquantotto adulti anziani non affetti da demenza, da malattie cardiovascolari o da infarto che sono stati seguiti per circa sei anni.

Vitamina D e  allergie nei bambini e negli adolescenti

La carenza di vitamina D sembra anche correlata ad un maggior rischio di allergie nei bambini e negli adolescenti (uno studio americano condotto su una popolazione di seimila individui ha dimostrato che la sensibilizzazione allergica era maggiore nella popolazione con livelli di vitamina D insufficienti).

Vitamina D e  tumori

Prove di laboratorio condotte su cavie, così come analisi epidemiologiche effettuate su campioni di popolazione, suggeriscono che il livello di vitamina D potrebbe avere un effetto sul rischio di cancro, in particolare sulla prevenzione di tumori al colon, alla prostata e al seno. È stato infatti osservato che il nostro corpo è disseminato ovunque di recettori per la vitamina D, che si trovano in particolare, nei macrofagi, negli osteoblasti, nel colon, nella mammella e nella prostata.

Già ottanta anni fa, inoltre, si era osservato che popolazioni che vivevano negli Stati Uniti alle latitudini più alte presentavano un maggior rischio di morire di cancro rispetto a quelle abitanti a latitudini più basse che potevano godere di una maggior insolazione durante l’intero arco dell’anno e potevano contare, quindi, su una maggior produzione di vitamina D da parte dell’organismo.

La vitamina D, poi, è implicata nella regolazione dei meccanismi di crescita cellulare, compresa quella tumorale nei confronti della quale non agisce tanto in qualità di stimolante, quanto di regolatore. Molti geni che codificano proteine regolanti la proliferazione cellulare, differenziazione e l’apoptosi, inoltre, sono modulati in parte dalla vitamina D. Anche per questo motivo il WCRF (World Cancer Research Found), sempre molto prudente in materia, indica la vitamina D come antitumorale e suggerisce, in caso di tumore, di effettuarne un dosaggio per procedere ad un’eventuale integrazione in caso di carenza.

Vitamina D e  diabete

Vivere ad alte latitudini, inoltre, pare correlato anche ad un aumentato rischio di diabete di tipo 1. Bambini ai quali erano state somministrate durante il primo anno di vita 2000 IU di vitamina D, seguiti successivamente per 31 anni, hanno dimostrato una minor incidenza di diabete di tipo 1 in ragione del 78% rispetto a coetanei che non avevano ricevuto alcuna supplementazione di vitamina D. Anche il rischio di diabete di tipo 2 risulta da diversi studi correlato inversamente ai livelli di vitamina D nel sangue.

Vitamina D e  dismenorrea

Una ricerca di qualche anno fa condotta dall’Università di Messina e pubblicata sulla rivista Archives of Internal Medicine, suggeriva che potrebbe essere la vitamina D la nuova risorsa per combattere i dolori mestruali. I ricercatori, infatti, hanno osservato una significativa riduzione del dolore nel gruppo che ha assunto la vitamina D rispetto al gruppo che assumeva placebo nel corso dei due mesi di durata dello studio. Va però specificato che, secondo le affermazioni degli stessi ricercatori, le dosi di vitamina da assumere per attenuare i crampi con la stessa efficacia degli antidolorifici sono ancora troppo elevate. Lo studio suggerisce comunque che, adeguatamente bilanciato, l’integratore potrà avere un ruolo fondamentale nella lotta ai dolori mestruali.

La possibile spiegazione sta nel fatto che la vitamina D è nota per diminuire la produzione di molecole infiammatorie, chiamate citochine, così come degli ormoni chiamati ‘prostaglandine’, che gli scienziati ritengono una delle cause dei dolorosi crampi mestruali.

Vitamina D e  pressione arteriosa

La vitamina D appare anche correlata in modo inverso all’ipertensione: pazienti ipertesi esposti alla luce di un lettino solare hanno visto crescere la concentrazione di vitamina D nel sangue regolarizzando al contempo i propri livelli pressori .

Apporto giornaliero considerato adeguato

L’Istituto di Medicina statunitense (appoggiato in questo dall’Accademia Pediatrica Americana) affermava nel 1997 che tutti i bambini e gli adulti fino ai 50 anni avrebbero bisogno di 200 IU[1] di vitamina D al giorno, mentre gli adulti tra i 50 e i 70 anni di età ne necessiterebbero 400 e gli over settanta 600 IU giornaliere.

La letteratura scientifica dell’ultimo decennio suggerirebbe però una revisione delle sopra citate raccomandazioni dell’Istituto di Medicina, suggerendo un introito giornaliero di vitamina D pari almeno a 800-1000 IU. Tanto che, ad esempio, il Food and Nutrition Board presso l’Istituto di Medicina della National Academy statunitense raccomanda nel 2010 un introito di 400 IU giornaliere in bambini fino ad un anno, di 600 IU per bambini, adolescenti e adulti fino a 70 anni e di 800 IU per gli over 70.

La Fondazione Nazionale per l’Osteoporosi americana raccomanda, dal canto suo, a tutte le donne in menopausa di assumere tra le 800 e le 1000 IU giornaliere di vitamina D.

Trattamento della deficienza o della carenza di vitamina D

Si parla di un livello ottimale di vitamina D quando dagli esami del sangue si evidenzia una quantità di 25 (OH) D superiore ai 30 ng/ml. Tra i 30 ng/ml e i 20 ng/ml si parla di insufficienza. Al di sotto dei 20 ng/ml si può parlare di carenza, man mano più grave a seconda che il valore scenda verso lo zero.

In tutti i casi nei quali il livello di vitamina D non risulti sufficiente, si rende necessaria una sua supplementazione attraverso integratori specifici che vanno regolati anche a seconda della capacità di assorbimento intestinale del singolo e di eventuali difficoltà a livello epatico o renale, così come a seconda della presenza di malattie quali sclerosi multipla o altre malattie autoimmuni.

In caso di deficienze gravi occorrerà procedere ad un carico iniziale elevato, che riporti i valori ai livelli di normalità, per poi passare ad una dose di mantenimento giornaliera o mensile a seconda dell’integratore scelto.

Rischi di tossicità della vitamina D

Per parlare di tossicità della vitamina D non va investigato solo il livello di 25 (OH) D (che si deve attestare su livelli superiori a 150ng/ml), ma va anche rilevato il livello di calcemia, di fosfatemia e la calciuria che devono essere in eccesso anch’esso per parlare di livelli tossici di vitamina D.

Va comunque sottolineato che la tossicità di vitamina D è estremamente rara e generalmente avviene solo dopo l’ingestione di dosi massicce di vitamina D per un tempo prolungato in pazienti con normale assorbimento intestinale. Pur non essendo noto con certezza quale sia il valore massimo consentito di vitamina D per l’organismo, la maggior parte degli studi concorda sul fatto che il livello di vitamina D nel sangue deve essere superiore a 150 ng/ml prima che diventi preoccupante.

Sintomi di un eccesso di vitamina D possono essere anoressia, perdita di peso, poliuria aritmie cardiache. Più pericolosa è poi la crescita dei livelli di calcio nel sangue che porta a calcificazioni vascolari e tissutali con conseguenti danni al cuore, ai vasi sanguigni e ai reni.

Secondo le linee guida più oltre citate, si può correre il rischio di un eccesso di vitamina D di fatto solo in caso di pazienti con patologie che li rendono particolarmente sensibili ad essa, come ad esempio in caso di sarcoidosi, tubercolosi, infezioni fungine croniche e nel caso di alcuni pazienti affetti da linfoma.

Per questo motivo si raccomanda sempre di evitare il fai-da-te e di ricorrere al consiglio di un esperto aggiornato sulla materia.

Un altro motivo per evitare il fai-da-te è anche quello legato alla possibile interazione degli integratori di vitamina D con alcuni tipi di farmaci, a mero titolo esemplificativo: corticosteroidi, stamine e antiepilettici.

Per concludere, riporto di seguito il link alle linee guida intitolate “Valutazione, trattamento e prevenzione della deficienza di vitamina D: linee guida cliniche della Endocrine Society” pubblicate dal U.S. Department of Health & Human Services – AHRQ (Agency for Healthcare Research and Qualità). L’obiettivo dichiarato è quello di fornire ai medici linee guida affidabili per la valutazione, il trattamento e la prevenzione di deficienza di vitamina D con una maggior enfasi posta sul trattamento di pazienti a rischio di carenza.

 http://www.endo-society.org/guidelines/Current-Clinical-Practice-Guidelines.cfm

 

 



[1] 40 IU corrispondono a 1 mcg. Pertanto, 200 IU corrispondono a 5 mcg.

2 Comments

  1. Finalmente qualcuno ha affrontato l’argomento un po’ più a fondo,
    solo peccato che sia così breve, perché in qualche modo si legge in fretta

    • Irene

      Sono felice abbia apprezzato l’argomento scelto, così come sono lieta che qualcuno ancora ami l’approfondimento, anzichè il mero “surfing” di superficie. Cercherò in futuro di trovare delle modalità di scrittura che facciano contenti tutti: quelli che amano andare a fondo e leggere e quelli che sono un po’ più di fretta e preferiscono ricordare solo i concetti chiave. La ringrazio della sua attenzione.

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