Terra matta
Un libro caratterizzato da una straordinaria forza narrativa, così lo definisce Andrea Camilleri e mi associo in pieno al giudizio. Una straordinaria autobiografia scritta da un bracciante semianalfabeta siciliano dal 1968 al 1975. La storia del nostro novecento (Rabito è uno dei ragazzi del ’99 – classe 1899) vissuta attraverso gli occhi di uno dei cosiddetti “diseredati”, un uomo in realtà con una grande forza e vitalità dentro che non si arrende dinanzi alle innumerevoli difficoltà della sua “maletratata e molto travagliata e molto desprezata vita” che gli fa attraversare indenne due guerre mondiali, un lavoro da minatore in Germania e un’infanzia da orfano lavoratore. Vincenzo (mi sono talmente appassionata alla sua storia che mi pare di averlo conosciuto) scrive su una vecchia Olivetti 1027 pagine a interlinea zero, senza margini, senza punteggiatura, fatta eccezione per un punto e virgola posto dopo ogni parola. Questo ovviamente nella versione originale, in quella data alle stampe i curatori sono intervenuti – pur rispettando lo stile dell’autore – con tagli, suddivisione in capitoli e inserimento della punteggiatura nell’intento di rendere il libro usufruibile ai più. La mia speranza, però, è quella di poterlo leggere in futuro in versione originale. Fortunatamente è stata mantenuta la lingua, un misto di italiano e siciliano scritto “a orecchio”, meraviglioso e comunque comprensibile, anche grazie all’aiuto di note a piè pagina che “traducono” parole poco conosciute a chi siciliano non è o in Sicilia non ha mai abitato.
Il dono di questa autobiografia è stato fatto dal figlio di Rabito all’Archivio diaristico nazionale di Pieve di Santo Stefano (AR), un luogo incredibile, dove sono raccolti più di settemila memorie (tra diari, epistolari, autobiografie, memoriali, ecc.) ivi depositate dagli stessi autori o dagli eredi e custodite a salvaguardia futura della nostra storia, quella vista dagli occhi della “gente normale”. Se la cosa vi intriga e volete saperne di più, questo è il link per il sito dell’Archivio www.archiviodiari.org e se siete dalle parti di Arezzo, fate un salto lì e al contiguo Museo del diario, ne varrà la pena, oltre che per l’originale allestimento, anche per la passione infusa dalle persone che vi faranno da guida. Uno dei tanti tesori nascosti del nostro meraviglioso e bistrattato Paese.
Vincenzo Rabito
Terra matta
Einaudi